Il metodo ed il colore.
di Elide Giordani 

Stampo, mazzuolo e la meraviglia del colore ruggine. 

"Stampo, mazzuolo, colore e tela.
Più tutta la perizia e la fantasia dell'artigiano stampatore."
Così, Fabio Visini, storico stampatore di Meldola, che ha ceduto il testimone ma resta un'autorità indiscussa fra i giovani ed i meno giovani artigiani delle tele romagnole stampate, sintetizza il metodo della stampa.
Ma qual'è il procedimento di realizzazione?
"Preparato il telo di stoffa grezza sul banco di lavoro (spiega diligentemente Visini) si appoggia lo stampo sul tampone dove è stato sparso il colore, poi con mano ferma lo si appoggia sulla stoffa, canapa, lino o misto di cotone, premendola col braccio e battendolo col mazzuolo di legno affinché il disegno si imprima sulla tela.
Martellando più o meno vivacemente a seconda della necessità, con regolarità o variazione di ritmo, si conferisce all'opera quel tono personale che contraddistingue la preziosità del lavoro dell'artigiano."
Il bancone di stampa è leggermente imbottito per consentire ala matrice di legno di aderire alla tela in ogni suo punto.
La stampa, opportunamente numerata, viene scelta tra una moltitudine di pezzi,
il ricco patrimonio di ogni bottega, spesso disegnati ed intagliati dallo stesso stampatore.
Anche l'immersione dello stampo nel colore richiede perizia.
La pasta colorata infatti, onde evitare che lo stampo ne assorbi troppa e "sbavi" sulla tela,
viene prima stesa con molta cura su un apposito tampone (alla maniera dei tamponi di inchiostro per i comuni timbri), qui viene appoggiata la matrice in legno che poi sarà pressata sulla tela.

La pasta, che riposa in pignatte di terracotta, deve avere una speciale consistenza.
"Solo noi romagnoli (sottolinea Visini) conosciamo il segreto per preparare la pasta ruggine ed intagliare le matrici in legno".
Già, il colore, un elemento su cui si sono accapigliati i puristi ma che, giocoforza, segue anche il gusto.
La tradizione più pura è rigorosamente fedele al ruggine.
La pasta ruggine, nelle sue specifiche componenti, e soprattutto in relazione alle proporzioni dei suoi ingredienti,
è il segreto di ogni stampatore, ma la sua composizione di base è nota.
L'elemento principale è, naturalmente, il ferro dolce, opportunamente ossidato con aceto di vino in modo da produrre la ruggine.
Ad esso viene aggiunto solfato di ferro legato con farina di frumento: ciò che ne risulta è una pasta collosa dall'intenso odore di aceto,
che è la nota olfattiva che colpisce chi entra in una stamperia romagnola.
Naturalmente la variazione delle proporzioni (l'occhio clinico dello stampatore) cambia le nuance del colore.
Per gli altri colori, il blu, il verde, in varie gradazioni (grande apprezzamento ha ottenuto il verde della stamperia Visini di Meldola ottenuto con ossido di rame) frutto del lavoro di ricerca cromatica effettuato dalle botteghe, si fa ricorso a basi minerali già sistetizzate chimicamente.

Terminato il lavoro di stampa si passa alle successive fasi di asciugatura e fissaggio.
Le tele stampate, perché la pasta del colore si asciughi a dovere, vengono stese su lunghe canne in ambienti caldi,
di solito i locali delle stesse stamperie che, a sera, si presentano con i soffitti pendenti di tele dagli arabeschi multiformi.
Il giorno successivo vengono sottoposte al bagno che fissa o vira i colori.
E' questa una fase importante, che al profano appare un po' ammantata di magia.
Il ruggine, ad esempio, che appare un po' grigiastro, immerso nel ranno (un tempo composto da cenere, acqua calda e scaglie di sapone),
si trasforma stabilmente nel colore brunito che gli è tipico.
I verdi ed i blu, che prima si mostrano in un marrone decisamente poco seducente,
rivelano il loro colore definitivo solo dopo un ulteriore bagno.
Dopo il fissaggio i tessuti vengono sottoposti a vigorose risciacquature, in modo che possano resistere ai lavaggi successivi da bucato
e all'aggressione dei tessuti moderni, come resistevano un tempo alla prova della lisciva.

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